La mia intervista a Piero Angela

 La mia intervista a Piero Angela


Dovremmo sforzarci sempre di capire quanto le nostre scelte, i nostri giudizi e pregiudizi siano influenzati dalla nostra lunga storia personale, e tentare ogni volta di cambiare angolazione, di vedere i problemi da un altro punto di vista, di metterci nei panni degli altri e comprendere quali sono i loro premi e punizioni, di essere aperti alle idee nuove, comprese quelle diverse dalle nostre, essere pronti eventualmente a incorporarle nei nostri circuiti, essere curiosi ed esploratori, cercare quello che c’è di valido anche in sistemi di pensiero che appaiono lontani dai nostri, avere la capacità di osservare noi stessi dall’esterno, giudicandoci come se fossimo qualcun altro, e creare infine continui montaggi di idee (e di nuove memorie) con tutti questi materiali.”

(La meraviglia del tutto: Conversazione con Massimo Polidoro 

Piero Angela, Massimo Polidoro)


(…)continuò:(…)Quella che allora ti parla è la Voce dell’Uomo Interiore, dell’Uomo Cosmico, del Sé. Chiamalo come vuoi. Chiamalo l’Amato, come fanno i sufi; chiamalo la pietra filosofale, come gli alchimisti; chiamalo Dio, Buddha, Purusha; chiamalo Lui, Lei. Ma sappi che c’è e che Quello è il vero te. Perché tu e Quello non siete due. Tu sei Quello


Tiziano Terzani, L’ultimo giro di giostra 





L’ultimo libro di Massimo Polidoro, un’insperata ultima intervista a Piero Angela, è stato per me fonte di gioia, se non addirittura di quella stessa felicità che l’infelice (a suo dire) Borges provava a contatto con la più alta letteratura.

Durante la lettura, sono stato preso dalla smania di discettare anch’io col grande divulgatore , sognando di inserirmi nel loro dialogo; ho realizzato però che, essendo il libro postumo, le mie domande sarebbero rimaste per sempre senza risposta.

Ho allora deciso di ovviare facendo uso della fantasia, ed ecco Piero apparirmi in piena notte, per concedermi, da anima disincarnata, un’intervista ancora più emozionante di quella che avevo appena letto.

IO: Ciao Piero, grazie per questa opportunità che mi concedi. Il tuo lavoro mi ha sempre emozionato e ispirato, fin da bambino. Anche la tua vita, come quella di Leonardo, è stata una specie di opera d’arte. Ti dispiace se, a mo’ di ricompensa, peccando di ingratitudine, provo a mettere in crisi alcune tue convinzioni attraverso il ragionamento?

PIERO: Niente affatto, ragionare e coltivare dubbi è un’attività per me preziosa.

IO: Grazie mille. Dunque io vorrei portare la tua attenzione su due punti chiave del tuo pensiero e mostrare come, a mio avviso , siano parzialmente in collisione fra loro. Il primo punto è la centralità del pensiero scientifico, visto come l’unico modo di raggiungere delle verità che non siano soggettive ed aleatorie come avviene nei campi umanistici. La scienza, senza alcuna ricerca di fede religiosa, è stata il centro della tua filosofia. È corretto?

PIERO: Corretto.

IO: Il secondo punto che vorrei mettere in campo è la rettitudine morale: come dici sempre tu, “avere la schiena diritta”. La tua onestà insomma, che traspare da tutta la tua vita ancor più che dalle tue parole, perché, si sa, un vero piemontese non si vanta mai.

PIERO: Sì, posso dire di aver ereditato da mio padre questo senso di correttezza verso la nostra comunità di esseri umani.

IO: Vorrei allora chiederti su cosa si fonda per te questa moralità, dal momento che tu non ritieni sia per essa imprescindibile una “trascendenza”, in quanto quest’ultima sarebbe non sondabile. Quali sono dunque le basi del corretto agire morale?

PIERO: Nel nostro sistema cerebrale di premi e punizioni, per chi agisce male esiste una punizione: il rimorso di coscienza causato da fattori culturali, ambientali e genetici, oltre alle conseguenze sgradevoli di vario genere che le persone disoneste inevitabilmente rischiano. Siamo esseri sociali e pertanto non possiamo impunemente far del male al prossimo senza farlo a noi stessi. Stessa cosa vale per chi rifiuta di agire bene, che è un po’ come fare del male.

IO: Benissimo. Tuttavia, non credi che una visione degli esseri come insieme di atomi e molecole mossi da leggi simili agli ingranaggi di un orologio possa in qualche modo ostacolare l’agire dell’uomo retto?

PIERO: In che modo?

IO: Prendiamo ad esempio tuo padre , al tempo in cui salvò dal nazismo tutti quegli ebrei. Fotografiamolo in un momento in cui sta rischiando la sua stessa vita in nome di un ideale. E ora immaginiamo che gli appaia questo pensiero: “Tutto è fatto solo di atomi, di vuoti, freddi, inconsistenti atomi, che svaniscono rapidamente. Perché sto facendo tutta questa fatica? Per chi? Per cosa? Quasi quasi me ne vado in vacanza, e abbandono questi simpatici ebrei, ricordando loro che tutto è solo frutto del passaggio di corrente elettrica nei nostri neuroni, e non ha realmente importanza. Prima o poi svaniamo tutti nel nulla, e perfino il mio senso di colpa per questo abbandono svanirà nel nulla come tutto il resto”

PIERO: Forse ho capito dove vuoi arrivare: il mio “scientismo” potrebbe svilire quella forza morale, non potendo fornirle un vero senso, una motivazione fondante. Mio padre avrebbe dunque rischiato (cosa che però, ti ricordo, non fece) di mettere continuamente in dubbio i suoi valori morali, essendo essi fondati sul “vuoto”.

IO: Proprio così, e scusa se mi sono permesso di metterti in bocca la parola scientismo, che tu non hai mai usato. 

PIERO: Non fa nulla. Ma io ti faccio un contrattacco : questo tuo condivisibile dubbio dovrebbe allora spingerci a credere a verità non scientifiche? E quali? Dovremmo credere a qualunque affermazione religiosa sul soprannaturale? Anche ammesso che una fede possa aiutare a essere più morali, come far sorgere in sè una fede che non c’è, immotivata? E poi bisogna considerare che le convinzioni soprannaturali a volte fanno altri generi di danni…

IO: Io ho una mia piccola teoria.

PIERO: Sentiamo…

IO: Se il senso di fratellanza con gli altri esseri si basa solo sulla considerazione opportunistica di evitare punizioni ed avere premi, la casa sarà fondata sulla sabbia: al primo vero temporale vacillerà. Per il semplice motivo che a volte per motivi morali si devono potenzialmente affrontare dolori paragonabili per intensità alle stesse punizioni che si volevano evitare.  Per esempio, in certi casi di criminalità se assecondo la mafia mi rimorde la coscienza, ma se non la assecondo rischio di morire: dove penderà la bilancia? 

La casa vacillerà dunque, a meno che questa stessa “fratellanza” non venga considerata un valore trascendente il mondo. Un “must” assoluto, non sindacabile, neppure con dubbi e ragionamenti. Una sorta di “divinità”, se mi concedi il termine …

PIERO: Un dogma?

IO: Un dogma, forse sì, o forse puoi vederlo come un pensiero soprannaturale che è compatibile con la razionalità, anzi che migliora la razionalità stessa. Una magia che è più importante e duratura del mondo stesso. Se all’interno del naturale non può essere trovato il fondamento dell’etica, esso andrà cercato nel soprannaturale.

PIERO: È molto poetico, tuttavia ti ricordo un dato (e tu sai che basta un dato contrario per smentire una bella teoria): io, come tu hai affermato, sono stato una persona onesta. Non dovrei dirlo di me stesso, ma ormai sono morto e posso concedermi il lusso di vantarmi. E, in contrasto con la tua tesi, io non credevo a una trascendenza.

IO : Questo dato smentirebbe la mia teoria solo a due condizioni: che tu sia stato davvero intimamente e  costantemente convinto che il sistema premi-punizioni sia l’unico fondamento della morale e, importantissimo, che tu ti sia trovato qualche volta in condizioni tali da porre un dilemma etico grande, come avvenne a Navalny, o a Borsellino, o a Falcone, o a tuo padre. Insomma, può benissimo essere che per tua fortuna tu non ti sia mai trovato in condizioni di subire una crisi di coscienza di quelle cui accennavo. Magari davvero per te, per circostanze fortuite, è sempre bastato il sistema premi/punizioni. Ma vuoi sapere il mio parere?

PIERO: Sì.

IO: Tu, al suo posto, avresti fatto esattamente come tuo padre, e tuttavia questo non smentisce la mia teoria, perché c’è una parte di te, di cui non sei consapevole, che mette l’onestà sopra a ogni cosa. Oramai ti conosco abbastanza. La bontà, caro Piero, è la tua trascendenza, che ti piaccia o meno. Non rinunceresti ad essa nemmeno se tutte le matematiche di questa terra ti mostrassero che è sbagliata. Anche se io sono di fede buddhista, amo queste parole di Dostoevskij: “se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è al di fuori della verità, e davvero la verità si trovasse fuori di Cristo, preferirei comunque rimanere con Cristo piuttosto che con la verità”. Sostituisci Cristo con “Bontà assoluta” e vedrai che ti troverai intimamente d’accordo, almeno emotivamente

PIERO: Dunque secondo te ero credente, e non lo sapevo?

IO: In un certo senso sì.

PIERO: Non lo escludo, anche perché in queste pagine fai un po’ quello che vuoi…Ma ricorda che anche questo ragionamento che fai può essere frutto di (pur nobilissimi) condizionamenti culturali e individuali. Forse per il nostro “eroe”, semplicemente, è più doloroso vivere con una colpa addosso piuttosto che morire. Premi/punizioni…

IO: A livello assoluto, non si può sapere. Ma anche se ciò che dici fosse vero, l’eroe non dovrebbe mai crederlo, per non indebolire la sua motivazione. Per lui, a livello cognitivo vi è una verità più alta di questo sistema. Ricordiamoci che, se è vero che l’ipotesi di una trascendenza non è dimostrabile, è altrettanto vero che è indimostrabile l’ipotesi di un universo autogeneratosi e regolato da leggi fisiche che si sono “autoprodotte”. Per cui anche la tua scelta, non religiosa, è una forma di fede, non dimostrata. E, dovendo scegliere senza altri dati tra due fedi, non è meglio scegliere la fede meno pessimista e che aiuta ad essere morali?

PIERO: Allora, per farti contento, diciamo che sono agnostico, più che ateo. Ma per quale ragione uno sceglie questa “divinità”? Lo fa senza motivo o per dei motivi?

IO: Ingegnosa mossa. Vorresti ancora una volta ricondurre tutto alla ragione. Diciamo che..sì, ci sono dei motivi che spingono a credere che l’adesione alla fratellanza universale sia la cosa migliore da fare. 

PIERO: Vedi? Dunque che necessità c’è di tirare in ballo il soprannaturale?

IO: Questi motivi nascono dal riconoscere l’interdipendenza di tutti gli esseri, e la presenza nella mente umana di sentimenti di compassione che sono embrionali ma che si riconoscono come più vitali degli altri sentimenti. Per cui la scelta della divinità è motivata razionalmente ed emotivamente, ma, una volta scelta, essa diviene trasformativa e causa una rielaborazione altruistica e un potenziamento di tutte le proprie precedenti motivazioni. Un po’ come un uomo che prima decide razionalmente di sposarsi e in seguito al matrimonio viene come trasformato dalla convivenza. Diciamo che con la ragione si arriva a capire che bisogna andare oltre la ragione stessa e lasciarsi guidare da questa mente altruistica, che viene chiamata con nomi diversi nelle varie religioni.

PIERO: Ma perché? Perché andare oltre la ragione? Se la ragione ti ha indicato quella direzione dei desideri che tu chiami “divinità”, allora la divinità è compresa nella ragione, è una metafora della ragione 

IO: Forse sì e forse no, perché se io percepissi il centro dei miei desideri come conseguenza di reti decisionali mondane, l’efficacia di questo “centro”, come ho detto prima, sarebbe infinitamente inferiore. 

Se io, scegliendo un pensiero come guida della mia vita, in questo caso l’amore illimitato e incondizionato, mi accorgo sperimentalmente che tale pensiero rinforza e migliora il mio altruismo, allora inizio a capire che un ente-che inizialmente è puramente mentale e immaginario- ha potere sul reale. È spirituale, impalpabile, indimostrabile, ma nella mia mente è infinitamente presente e infinitamente attivo

PIERO: Nella tua mente! Ma il fatto, abbastanza ovvio, che un simile essere, se presente, potrebbe motivare al bene, non implica che esista davvero! Anche i nazisti avevano oggetti puramente immaginari in testa (ideologie etc) che purtroppo hanno avuto impatto sul reale. Allora quei demoni erano altrettanto veri del tuo dio?

IO: In un certo senso sì: nel loro universo quel demone ha avuto un peso reale. Nel mio universo scorgo questo pensiero -guida, e mi accorgo che immaginarlo con certe caratteristiche lo rende ancora più forte ed efficace. Queste caratteristiche sono: infinito, personale (ha le caratteristiche di un essere e non di un oggetto) e immensamente buono. Questa mente di amore universale è ciò che un individuo a volte è disposto a venerare per tutta la vita. È solo un suo pensiero? Forse: benissimo, comunque è in un certo senso “eterno” (finché l’individuo vive, non ne percepirà una fine), infinito etc…

PIERO: Ma questo assomiglia molto ad un autoinganno, all’autoipnosi! Tu sai benissimo che non è un procedimento valido per accertare l’esistenza di un oggetto, e quindi la tua fede sarà vacillante comunque 

IO: Ma che cos’è l’esistenza? Esiste di più questo pezzo di pane o un’idea che mi fa muovere? 

PIERO: il pezzo di pane lo tocchiamo in tanti, la tua idea no

IO: E se questi “tanti” che tu dici fossero solo un’idea? Chi mi dimostra che esistano “gli altri”?

PIERO: Questa è una filosofia un po’ astrusa…Comunque io preferisco usare la parola “credere” in un altro modo : basata su fatti e ragionamenti 

IO: Ma i fatti si basano sui dati sensoriali, giusto? E chi mi dimostra che devo credere ai dati sensoriali?

PIERO: Se non credi nemmeno a quelli non vai da nessuna parte.

IO: Però ci credi. Credi ai dati sensoriali senza basarti su altri dati sensoriali (altrimenti sarebbe una dimostrazione inaccettabile): è dunque una fede

PIERO: questo è vero. Ma condivisa con altri, che vedono e sentono le stesse cose

IO Torno a chiedere: chi ti dimostra che esistano gli altri?

PIERO: Mi sa che esageri col dubbio… 

IO : Mi sa che esageri con la fede…

PIERO:(ride) Allora i ruoli si sono rovesciati. Ma sai che a me piace parlare in modo che tutti possano capire. Semplifichiamo questa tua posizione con esempi più chiari, se ti è possibile 

IO: D’accordo. In ognuno di noi ci sono molti desideri. I desideri e le emozioni sono ciò che ci fa muovere. In questo senso per ognuno di noi le emozioni sono più importanti della scienza . La scienza può dimostrarmi che la sofferenza per la lontananza della persona amata è solo  gioco di ormoni ed elettroni, ma questa spiegazione non rimuoverà il mio dolore. Secondo me, se si vuole una vita felice, è necessario dare un ordine e un centro a queste emozioni. Farsi guidare da desideri conflittuali tra loro è ovviamente poco auspicabile. Bisogna quindi capire qual è il desiderio (o i desideri) più importanti di tutti, e farsi guidare da quelli. Essi diventano così le proprie “divinità”. Quando uno ha scelto una “divinità” tutti i pensieri e i ragionamenti vengono come filtrati da nuovi “occhiali” , e l’attenzione si focalizza solo sulle cose utili alla propria volontà profonda. Se quello è il mio “centro” cosa mi importa del resto? Se quello è il mio centro potrà questo centro essere forse una cosa fredda e impersonale per me? No, è fatto di pensiero, di vita: sarà, per me, eterno, personale, e, nel caso si sia scelto l’altruismo, infinitamente buono. 

PIERO: Ma io non capisco: questo centro volitivo è un simbolo o un essere reale?

IO: Inizialmente l’ho pensato come simbolo ma ho capito che è più potente pensarlo come essere reale, e di fatto molti pensatori religiosi ritengono di averne fatto esperienza diretta. Potresti vederlo come il centro profondo della  mente dell’altruista: per lui è reale, è parte di lui; eterno nel senso che non potrà mai vederne la fine, buono e personale per definizione ( lui è  una persona, e quello è il suo centro, dunque non può essere impersonale ! e si tratta di un pensiero altruistico, quindi buono)

PIERO: Resta da capire se è presente solo nella sua mente o anche fuori

IO: È vero ma io il mio “fuori” non lo posso vedere. Vedo tutto filtrato dalla mia mente. Quindi la Divinità (ti spiace se tolgo le virgolette?) filtra e rigenera tutto. Non esiste più un universo vuoto e freddo intorno a me ma solo volizioni che discendono dall’Amore, da una parte, e dall’altra parte fenomeni impermanenti e vuoti cui non do peso. La frase che riassume tutto è questa: tutto ciò che non è Amore è Vacuità. Tutto ciò che non è il tuo centro viene disperso dal tempo e dal cambiamento. Persino il pensiero “e se poi non c’è un Dio o un Buddha cosmico? Se non c’è nulla? Se finiamo tutti nel nulla?” è considerato vuoto e inesistente in quanto contrario al tuo centro.

PIERO: Una sorta di lavaggio del cervello, se mi permetti …

IO: Meglio un cervello lavato che uno sporco! Ma, se ci pensi, anche il più fervido razionalista si fa a volte un lavaggio del cervello: si lascia governare dal pensiero della “non conoscibilità di Dio, freddezza dell’ universo, miseria della condizione umana”: tutti concetti non dimostrati, filosofici,  che fanno a lui un brutto lavaggio del cervello, un’impostazione deprimente del vivere.

PIERO: Che io però non avevo!

IO: È proprio questo che non mi torna!

PIERO: Comunque , tu accetti di avere fede in un dio che potrebbe essere solo parto della tua mente?

IO:Sì, la mia mente è più vasta di me, non l’ho creata io, perché la dovrei sottovalutare? È più vasta nel senso che non racchiude solo l’esperienza cosciente, ed è lei il mio “universo”. Quindi questa divinità sarebbe al centro dell’unico universo che posso conoscere. Ma c’è chi ha raccolto (nella propria esistenza) piccoli o grandi indizi che questa divinità non sia solo una creazione mentale. 

PIERO:Massimo Polidoro, che ha studiato come nascono le false credenze, direbbe che questi sono indizi nati dal bisogno di credere, piccoli autoinganni che la mente è bravissima a produrre…

IO: Può essere, chi vivrà vedrà!(ridiamo) Approfitto solo un attimo ancora della tua pazienza. Non hai l’impressione che questo diffuso disinteresse per le sorti del pianeta, che tu giustamente denunci, non sia dovuto solo a mancanza di comprensione o di intelligenza ma anche (io direi soprattutto) alla mancanza di “devozione” verso questa bontà(di cui tu stesso, secondo la mia personale visione, sei adepto?)

PIERO: Bisogna avere a cuore le sorti del pianeta, ma come ti ho precisato, per me questo sentimento non ha nulla di trascendente. Il tuo discorso è coinvolgente, ma non si basa molto sulla razionalità ma piuttosto su fattori emotivi. Per questo non posso aderirvi in pieno…anche se, come ho detto al mio amico Polidoro, io non intendo applicare la ragione a tutti gli aspetti della vita: a volte, in condizioni opportunamente vagliate, è giusto lasciarsi guidare dal sentimento

IO: Vuoi sapere perché quando sei morto io ho avuto le lacrime agli occhi, pur non conoscendoti di persona ?

PIERO: Come mai?

IO: Non perché sei un genio, non perché hai fatto crescere culturalmente il nostro Paese, e neppure perché (che invidia!) suonavi il piano come Art Tatum. A me veniva da piangere perché sei stato una persona buona, e questa bontà non ha nulla a che vedere con i quark, i bosoni, i canali del sodio, l’amigdala e quant’altro…era vera bontà, e in quanto tale trascendente, soprannaturale, mistica.

PIERO: Adesso secondo me stai un po’ esagerando, sai benissimo che su questo non sarò mai d’accordo. Anche la bontà è frutto di cause e condizioni, per cui non posso che prendere rispettose distanze dalla tua posizione.

IO: Lo so, e per par condicio finirò questo dialogo con le tue parole:

“l’unica cosa che poi conta davvero alla fine è una sola: l’amore.”

PIERO: Estrapolate così vogliono dire tutto e nulla. Voglio un avvocato! E poi prima che tu chiuda vorrei avanzare un’obiezione. Questa adesione a una trascendenza non pone l’individuo a rischio di masochismo? Intendo di compiere gesti estremi in difesa del proprio ideale/dio, come Abramo che per devozione stava per sacrificare Isacco? Per fare un esempio pratico, una madre di famiglia con bambini piccoli si tuffa in un mare in tempesta pur essendo una pessima nuotatrice, per salvare un ubriaco che è caduto in acqua …e così facendo muore lasciando orfani dei bambini. Tutto per assecondare il suo “Dio d’amore universale” . Ma è giusto questo?

IO: Se un gesto, osservato razionalmente, non porta a un vero bene per la collettività e i singoli, allora non è stato fatto in nome della Mente di  Amore Universale, (che tu hai paragonato al Dio cristiano, ma possiamo benissimo chiamarla Buddha mistico, o Brahma, o Shiva …a seconda dei gusti) ma al servizio di qualche altro dio. In questo caso appunto il gesto potrebbe anche essere sbagliato (bisogna però vedere nel dettaglio la situazione), sia per il credente che per il non credente. Infatti non ha portato a bene per nessuno.

 Ciò non significa che i sacrifici siano sempre sbagliati, ma che bisognerebbe pensarli sempre con un’ottica grande, non egoistica ma neppure stupidamente masochistica. 

PIERO: allora vedi che anche tu poni la ragione a un livello superiore?

IO: La ragione e la fede si aiutano in modo reciproco. Senza fede la ragione entra in un labirinto in cui si perde (come anche tu hai osservato, se non ci muovono le emozioni diventiamo freddi robot, e se le emozioni sono caotiche, cioè a mio avviso non guidate da una fede sincera, si fa pure peggio). Se accettiamo la metafora delle emozioni  come un Pantheon di divinità da servire, allora se diamo retta a tutte c’è la schizofrenia, se non crediamo a nessuna c’è il freddo nichilismo, se scegliamo quella giusta potremmo avere un ottimo monoteismo o enoteismo a seconda dei gusti. Ma forse per questi altri temi occorrerebbe una nuova intervista, se volessi tornarmi a trovare…

PIERO: Con piacere. Mi auguro che questo tuo approccio al mondo religioso venga sempre fatto con un’ottica razionale e con metodo. Avrei voluto scrivere un libro sulle religioni, ma non ne ho avuto il tempo. Ti do un consiglio: se proprio vuoi tenerti stretto il dogma dell’Amore, tienilo, ma metti tutti gli altri dogmi al vaglio della ragione.

IO: Sarà fatto, maestro. E grazie di tutto.





Punti focali del dialogo:


Ognuno è immerso in un “universo” filtrato e riproposto dalla mente. (Si intende dire che la mente crea simboli dell’universo reale e solo attraverso questi simboli noi percepiamo il tutto)

Al centro di questo universo mentale vi sono i desideri principali, i “centri volitivi”. Nel momento in cui i centri volitivi non sono conflittuali e diventano quindi uno solo,  quest’ultimo è l’entità più importante di tutto l’universo (individuale). Essendo la più importante, per il soggetto pensante che decide per la totale coerenza dei propri desideri , non può che essere infinita, sia nello spazio che nel tempo (si intende dire che il soggetto non vuole perdere la fedeltà a questo desiderio in nessuna circostanza spazio-temporale),inoltre è spirituale (non materiale) e pensante (trattandosi di desiderio, è un pensiero e non un oggetto inanimato). Se questo  desiderio è la bontà universale, ecco che abbiamo alcuni  attributi tipici di una divinità benevola, pur essendoci mossi solo nell’ambito della psicologia, e non della teologia. 

Tale individuo può forse dire di non credere in una divinità? Di non ritenerla esistente? Di non ritenerla cosciente? (Non è certo un ente inanimato!)  Io credo di no.

Ecco dunque una definizione psicologica di divinità.












 






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