Note al margine di Biancaneve
NOTE AL MARGINE DI BIANCANEVE
Grazie alla mia bambina, che preferisce la lettura in automobile al pre-asilo, mi sono goduto la versione originale dei Grimm di Biancaneve.
Non mi voglio addentrare nelle qualità letterarie e nel simbolismo dell’opera, che sul piano pedagogico mette in guardia i bambini dall’invidia e dai contatti con sconosciuti apparentemente benevoli, e mostra con il suo ritmo narrativo essenziale e avvincente (realizzando l’ideale suggerito da Cechov: “La brevità innanzitutto, insieme alla semplicità”) che una buona trama può fare a meno di tanti virtuosismi lirici (la trama stessa può farsi lirica: “ E anche gli animali vennero a pianger Biancaneve: prima una civetta, poi un corvo e infine una colombella.”); prima però di compiere il peccato di preterizione esporrò un aneddoto medico o pseudo-medico prendendo spunto dal finale del racconto.
Alla mia bambina ho omesso il cannibalismo della matrigna, intenta a divorare quelli che riteneva essere il fegato e i polmoni della ragazza, ma non ho eliminato il doloroso esito del terzo tentativo (quello non fallito) della matrigna: la morte di Biancaneve. Si legge proprio “morta” e non, come in precedenza, “priva di sensi”. Tanto è vero che lo specchio veridico non nomina più Biancaneve nel novero degli esseri senzienti.
Il colorito ancora roseo e la freschezza del cadavere spingono i nani a evitare il seppellimento e a utilizzare una bara di vetro, forse timorosi di quel “seppellimento prematuro” che angosciava Edgar Allan Poe e che ancora oggi preoccupa i nostri legislatori (un cadavere non può essere seppellito senza un congruo periodo di “osservazione”).
Di sicuro i nani non fecero un elettrocardiogramma di venti minuti (quello richiesto oggi in Italia) a Biancaneve e quindi abbiamo il diritto di dubitare della loro diagnosi di morte. A maggior ragione abbiamo il diritto di essere scettici sulle cause ipotizzate del suo risveglio: il sussultare della bara fa espellere la mela dalla gola di Biancaneve....
Esistono in un angolo della mia mente altri cadaveri che rimangono misteriosamente “freschi”, e che giustificano questa nota. Nel profondo e vasto testo filosofico-meditativo “Meditation in the nature of mind” il Dalai Lama riferisce di uno studio in cui i medici hanno cercato di analizzare l’attività cerebrale dei cadaveri di alcuni esperti meditanti. Vi si legge:
“(...) the former throneholder of Ganden, remained fresh for almost three weeks after he had died. As soon as I heard that this master’s body was remaining in this naturally fresh state, I asked a medical center in Dharamsala, the village in northern India where I live, to carry out an investigation. This medical center had a simple machine for measuring brain activity. They sent a team with the machine and placed electrodes on the lama’s head. Although a very detailed analysis of the results of these tests has yet to be completed, it seems that even a few days after he had been declared clinically dead, some very weak electrical signals could be detected in this lama’s brain. This, I was told, is very unusual.”
Purtroppo non ho trovato traccia nella letteratura medica ufficiale di tale studio, forse abbandonato sul nascere per consapevolezza di alcuni difetti del lavoro. Attualmente per un rianimatore (che sa meglio di ogni altro professionista che la resistenza dei neuroni a un’assenza di circolo è dell’ordine dei minuti e che quindi quando il cuore cessa di battere si può sperare di ripristinare l’attività elettrica nel cervello solo se si interviene nel primo quarto d’ora) un simile fenomeno può essere spiegato solo con una delle seguenti ipotesi:
- la diagnosi di morte è stata fatta in modo non accurato con mezzi puramente clinici (scambiando per esempio per morte ciò che era uno stato di shock, con estrema ipotensione)
- Vi erano degli artefatti nell’elettroencefalogramma che simulavano la presunta attività cerebrale
- L’abitudine dei monaci ad alcune pratiche di apnea potrebbe forse spiegare una maggior resistenza delle cellule cerebrali all’anossia, ma dubito fortemente che alcune cellule resistano per giorni: al massimo potrei pensare a qualche quarto d’ora in più.
- Il caso appartiene a quei numerosissimi fenomeni cerebrali ancora inspiegati.
Finché non troverò nessuna reale documentazione per me questa storia, per quanto intrigante e suggestiva, vagherà quindi nel regno delle fiabe.
Davide Corvi, 16 novembre 2019
Davide Corvi, 16 novembre 2019
Quasi due anni dopo aver scritto questo testo ho trovato questo articolo:
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