La novella di Ekov

L’armonia si riscontra in ogni creatura (Otloh di Sant’Emmerano, trad. U. Eco)

Io sono l’Ātman che risiede nei cuori di tutti gli esseri, o Arjuna, e di tutti gli esseri sono in verità il principio, il mezzo e la fine.”
Baghavad Gita , trad. Scarabelli, Vinti

Più o meno come capitò a Borges di scoprire in un volume dell’Anglo-American Cyclopaedia una voce che non era presente in tutte le altre stampe ma -misteriosamente -solo in una copia dell’Enciclopedia, anche a me accadde di rinvenire con gioia nel mio Dizionario Letterario Bompiani, Volume V Opere N-P, edito nel 1951, una voce (L’Origine degli Angeli), posta fra “Oriente O Roma” di Josef Strzygowski e “Origine della Medicina” di Johannes-Baptista von Helmont, che  mancava completamente nell’analogo volume del mio amico Luca Galimberti, della stessa annata.
La trascrissi  e la inviai a un altro amico, che si vantava di essere un grande conoscitore di letteratura russa. Il testo era breve:
L’ORIGINE DEGLI ANGELI
Racconto fantastico di Ivan Aleksejevic Ekov, (1840-1930), tra i più riusciti della sua raccolta “Dialoghi mentali”. 
Il povero impiegato Van’ka, tornando a casa nella sua stamberga in subaffitto a Pietroburgo, trova seduto davanti al samovar un angelo,  che gli annuncia che presto la Parola di Dio gli verrà manifestata tramite un secondo angelo. Van’ka dovrà stare molto attento, perché questo secondo emissario si presenterà sotto le mentite spoglie di una persona qualunque e la Parola sarà come camuffata da eloquio comune..
Esaltato e come stordito il protagonista vaga per Pietroburgo scrutando ogni minima espressione di chiunque gli appaia  dinnanzi ed emozionandosi in presenza di ogni pietroburghese che la quotidianità gli offre. Molto spesso crede di scorgere negli occhi di un passante una scintilla divina, in parole triviali appena sussurrate echi di rivelazioni epifaniche, mentre i piccoli gesti di gentilezza lo commuovono fino alle lacrime.
Però passano gli anni e ancora nessun angelo si è svelato, nessuna profezia è stata consegnata. Van’ka ha iniziato tuttavia ad apprezzare così tanto gli altri esseri umani che quasi non pensa più all’assenza della Parola di Dio. In ogni persona gli sembra di trovare mille testi sacri, fiumi di ispirazione, per cui abbandona il suo originario solipsismo. Giunto  in punto di morte inizia a sospettare che fosse proprio questo il messaggio di Dio per lui.
Inizialmente trascurato dai critici questi racconto forse pecca di didascalismo, ma la vena  moralista della parabola, che forse non è altro che una rilettura di Matteo 25 (“ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”), è resa meno pedante da scene liriche come l’incontro fra Van’ka e il paziente demente di un ospedale, che per pochi istanti sembra incarnare quanto di più spirituale vi sia in tutta la città.

Ekov compone poesie travestite da racconto, portando la letteratura russa a vette di religiosità rarefatta.
             Bajinskj




Commenti

Post popolari in questo blog

La mia intervista a Piero Angela

Persi la fede

Sonetto a Tārā